Web analytics. Una questione di numeri

Il ruolo di un’Agenzia, oggi, ha acquisito un valore strategico maggiore nell’interpretazione dei dati prodotti dagli strumenti di monitoraggio web come Google Analytics.

Pubblicato su “L’impresa di comunicazione” n°39, gennaio 2010, pagg. 24-27.

Il web è l’unico strumento di comunicazione – ad oggi, almeno – che può essere monitorato con un tasso di errore bassissimo ed una profilazione degli utenti molto dettagliata. Percentuali, rapporti, grafici, variabili, rendimenti, pivot, andamenti ed obiettivi: termini utilizzati in ambito economico-finanziario con lo scopo di facilitare la comprensione i dati ottenuti dalle osservazioni metodiche, costanti e… virtuali. Gli stessi termini vengono usati oggi su Internet per monitorare l’interazione tra un utente ed una pagina web.

Una decina di anni fa le Agenzie avevano il dovere di interpretare e spiegare ai loro Committenti i risultati di una campagna pubblicitaria. Per ottenere delle informazioni concrete si servivano di lunghe e complesse osservazioni fatte di interviste e sondaggi. Con l’avvento dei computer, di Internet e degli strumenti della business intelligence, invece, tutte le operazioni di raccolta dati sono diventate più semplici per le stesse Agenzie: con un click del mouse possono essere generati grafici e tabelle – spesso con dei risultati in tempo reale! – con preziose informazioni sugli utenti (posizione geografica, interessi, azioni compiute, ecc…); è possibile individuare i canali più redditizi nei quali investire il proprio budget e prevedere scenari futuri osservando i comportamenti passati dei competitor, degli utenti e del mercato.

Il ruolo di un’Agenzia, oggi, acquista ancora più valore strategico durante la fase di interpretazione dei dati. Una lettura errata o superficiale dei report può influenzare il successo di una campagna di web marketing o portare il Committente a delle considerazioni affrettate.

In questo articolo vedremo in dettaglio le informazioni più importanti che le statistiche web (web analytics) ci offrono, quali tenere sotto controllo, come leggerle e come presentarle ad un Committente.

L’importanza dei report

Facciamo un passo indietro e spendiamo qualche parola sul perché un’Agenzia dovrebbe fornire al proprio Committente il resoconto con le statistiche registrate da un sito Internet, una campagna di web marketing o una newsletter.

Portare delle “prove” a dimostrazione della validità e dell’efficacia di un lavoro svolto on-line è sicuramente una buona prassi per fidelizzare un Committente (senza considerare che sul mercato si incontrano ancora molti tradizionalisti, diffidenti di un mondo web… “virtuale”).

Con l’ausilio di grafici e tabelle, la realtà di Internet diventa più tangibile, reale, quasi “numerabile”! Il poter dare un ordine di grandezza al numero dei potenziali clienti che entrano in contatto col brand è oggi fondamentale.

Presentare al proprio Committente dei dati che affermano con precisione che in soli 2 giorni una pagina web è stata visitata da 673 persone diverse per un tempo medio di permanenza pari a 4 minuti e che sono stati raggiunti gli obiettivi prefissati nell’80% degli accessi è un’informazione d’oro per qualsiasi azienda! Nella realtà comune (si pensi ad un punto vendita, ndr) monitorare le stesse osservazioni può risultare costoso e difficile.

Il Committente, soprattutto all’inizio di una collaborazione, ha bisogno di essere tranquillizzato, rassicurato e guidato poiché desidera sapere se il suo investimento sta portando, o porterà, dei risultati concreti alla propria azienda. I report web e la loro analisi sono la risposta vincente!

Gli strumenti per monitorare gli accessi

In questo articolo analizzeremo i dati più comuni e più importanti per un Committente utilizzando come strumento di riferimento Google Analytics che probabilmente è la soluzione più accessibile e più diffusa sul mercato per via del brand e del prezzo (gratuito fino a 5 milioni di pagine visualizzate al mese).

In commercio, o meglio nella Rete, esistono però anche altre soluzioni alternative come Shynistat, Trackset ConversionLab o ImetriX: questi sistemi di web analytics differiscono per servizi aggiuntivi, precisione, tempistica di aggiornamento e costi.

Segnaliamo anche qualche strumento più innovativo, in inglese, come Clickdensity che permette addirittura di vedere sotto forma di aree colorate la densità dei click sullo schermo; mentre ClickTale mostra il movimento e il tempo che l’utente effettua con la freccia del mouse su ogni singola pagina.

Come funzionano gli strumenti di monitoraggio

La raccolta dati effettuata dagli strumenti di monitoraggio web può avvenire con due metodologie diverse: l’analisi dei file di log e il Page tagging.

Il primo approccio prevede l’elaborazione di alcuni file (detti “file di log”) che risiedono sul server del sito web da monitorare. Questi file tengono traccia di ogni singola operazione avvenuta, registrando la data e l’orario dell’evento, l’indirizzo IP del server, il nome della pagina web osservata, l’indirizzo IP dell’utente, il browser usato, la pagina di provenienza e quella di destinazione, ecc… Riportiamo per semplicità un esempio fittizio, ma completo, di una riga di file di log con i dati in forma grezza (ogni informazione è separata da un semplice spazio):

2009-12-24 21:16:49 W3SVC32155 NS1 192.168.1.1 GET /Index.asp – 80 – 192.168.1.1 HTTP/1.1 Mozilla/5.0+(Windows;+U;+Windows+NT+6.0;+it;+rv:1.8.1.20)+Gecko/20081217+Firefox/2.0.0.20+(.NET+CLR+3.5.30729) – https://www.unicomitalia.org www.aproweb.it 200 0 0 30349 507 406

Il secondo approccio per il monitoraggio degli eventi web è basato sul page tagging e prevede l’inserimento di un codice Javascript in ogni pagina del sito Internet da controllare. Questa soluzione è la più usata poiché permette di catturare informazioni aggiuntive, e in alcuni casi più precise, rispetto al primo approccio. Nella maggior parte dei casi la memorizzazione dei dati avviene su server di terze parti (questo è il caso di Google Analytics, ndr), le quali forniscono successivamente i report sotto forma di grafici e tabelle di facile lettura rispetto alle numerose sequenze di caratteri alfanumerici dei log. Le soluzioni di monitoraggio che usano il page tagging devono necessariamente memorizzare dei piccoli file (“cookie”) sui computer degli utenti. Questa operazione permette di tener traccia delle preferenze del visitatore e di riconoscerlo tra una visita e l’altra. Ci sono infatti diverse situazioni limite in cui il monitoraggio degli eventi web risulta complesso. Riportiamo il caso più comune di quando una persona torna alla pagina precedente usando il tasto “Indietro” del proprio browser: in questa situazione non viene scaricata nuovamente la pagina dal server ma semplicemente ricaricata dal proprio computer.

Poiché ogni strumento di analisi può utilizzare metodi diversi per registrare le visite ad un sito, è normale vedere valori differenti se si confrontano i dati ottenuti tra una soluzione e l’altra. Non meravigliamoci, pertanto, se Google Analytics mostra meno visitatori di quelli che il server registra.

Visitatori… unici

Le persone che visitano un sito web rappresentano l’elemento più importante e prezioso nell’analisi. Gli utenti, reali e distinti, sono chiamati “visitatori”. Il numero dei “Visitatori unici mensili” è sicuramente uno dei dati più importanti da controllare. Ad esempio, se si acquisisce un nuovo Committente in possesso di un sito web, può essere utile confrontare i visitatori unici mensili a distanza di almeno 6 mesi dal nostro intervento, per capire se c’è stato un effettivo aumento di accessi e quindi se la nostra strategia ha avuto successo.

C’è da dire che questo dato è anche facilmente “truccabile”: nella rete esistono dei veri e propri servizi di traffico a pagamento con i quali aumentare il contatore delle visite. Questa tecnica – a mio avviso sleale e poco professionale – viene usata per portare dei falsi risultati. Tuttavia tale pratica può essere facilmente smascherata dal Committente se osserva i siti web di provenienza, le zone di accesso (vedi paragrafi successivi) o se si pone qualche semplice domanda sui risultati ottenuti fino a quel momento (Come mai non ho ancora registrato nessuna vendita nonostante tutti questi accessi? Perché non ho avuto nessun contatto diretto o indiretto con i miei visitatori?).

Ogni sito web ha i propri visitatori, ben definiti come profilo e obiettivi. Pertanto ogni caso ha una storia a sé, con andamenti diversi, picchi e cali naturali che non sempre devono portare a preoccupazioni. Se pensiamo ad un sito web di un hotel sulla costa è normale osservare un calo ciclico di visitatori in autunno con un rialzo prima di Natale quando vengono pubblicati i prezzi della nuova stagione. Un sito che tratta temi legati al calcio, invece, avrà un’attività intensa soprattutto nel lunedì post-partite.

In generale, però, è sempre importante tenere sotto controllo l’andamento generale delle visite durante l’intera durata di vita di un sito web. Per far ciò serve uno storico di almeno due anni, in modo da poter confrontare una stagione con un’altra e tentare delle previsioni future. Con queste informazioni a portata di mano basta un foglio di calcolo (come Microsoft Excel) per ottenere un primo check-up del sito (chiunque voglia ricevere un file di Excel per controllare facilmente l’andamento di un sito web può richiederlo per mezzo email a [email protected] ). Il semplice grafico sviluppato (immagine successiva) può essere presentato al Committente in qualsiasi fase di lavoro (la linea rossa indica l’andamento delle visite uniche: in crescita se va dal basso verso l’altro, stabile se è orizzontale, in calo dall’alto verso il basso).

Il tempo passato online

Un altro dato importante e relativo ai visitatori è il “Tempo medio” di permanenza sul sito. Se i contenuti (intesi come testi originali e di reale valore per chi li legge) sono molti ma il tempo trascorso on-line è basso (pochi secondi), probabilmente andrà riorganizzato il layout grafico per rendere più usabile e facile la lettura del testo sullo schermo. Strettamente connesso a tale discorso è il valore della “Frequenza di rimbalzo”, ovverosia quel numero che indica la percentuale degli utenti che hanno abbandonato il sito. In questo caso, un valore molto basso è positivo poiché indica che poche persone hanno cambiato sito. Quando invece la Frequenza di rimbalzo è pari al 100%, bisogna porre attenzione ai dati che si hanno a disposizione e chiedersi perché il visitatore ha abbandonato subito la pagina. I motivi possono essere molteplici: da un’introduzione in Flash noiosa e pesante ad un’informazione subito reperibile all’interno del sito (un numero di telefono o un indirizzo, ad esempio). Tuttavia è molto più frequente il caso della mancata pertinenza tra ciò che il visitatore cerca e quello che trova nel sito.

La carta geografica

Se il Committente non ha ancora dimestichezza col web e con le analytics, l’Overlay mappa vi permetterà di sorprenderlo di fronte alla carta geografica del mondo con gli accessi al sito. Le Nazioni con una gradazione di verde (dal verde acqua al verde scuro) indicano la presenza di almeno una visita mentre quelle colorate in giallo chiaro non hanno registrato accessi nell’arco di tempo selezionato in alto a destra. Attenzione, però, a non dare false illusioni al Committente! Il riconoscimento della città o della zona di provenienza non è preciso al 100%. Nel caso specifico Google effettua dei controlli sul dominio, sui termini di ricerca e sugli IP degli utenti. Nella maggior parte delle volte, le poche visite provenienti da paesi improbabili per il brand, con un tempo medio sul sito pari allo “00:00:00” e con una frequenza di rimbalzo pari al “100%”, non costituiscono potenziali clienti o reali visitatori. Per togliersi ogni dubbio basta fare click sul nome del paese e dal menu a tendina “Dimensione” scegliere “parola chiave”. In questo modo potremo vedere con quali keyword sono entrati nel sito ed ipotizzare le loro finalità ed il motivo del loro abbandono (il valore “not set” sta per “non determinato”).

La mappa geografica può essere anche usata per monitorare le città in cui un brand suscita un certo interesse. Usando la visualizzazione a “Confronto” e selezionando nel menu a tendina “Singola città” la voce: “Pagine/Visita” si ha un ottimo quadro della situazione.

Quali aziende visitano un sito

È il sogno di ogni Committente: conosce il nome e cognome delle persone che hanno visitato il loro sito web. Per ovvie ragioni di privacy questa operazione è impossibile per gli utenti comuni (non lo è però per la Polizia Postale, ndr) ma in alcuni casi è possibile scoprire la ragione sociale delle aziende. Non è un servizio a pagamento (benché ne esistano alcuni in grado di fornire anche la scheda anagrafica completa della società, ndr) ma una voce, forse un po’ nascosta, presente sempre all’interno del nostro account di Google Analytics. Sempre nel menu “Visitatori” si trova “Proprietà di Rete” e quindi “Ubicazione rete”. In realtà in questo elenco sono presenti tutti i provider Internet come Telecom, Wind, Libero (Italia Online s.p.a), Fastweb, Tiscali, ecc…. per mezzo dei quali gli utenti si sono collegati al web. Sfogliando i report e guardando le voci con meno visite (da 1 a 5, di solito) si potrà notare anche il nome di quale azienda (concorrente?) che è entrata nel sito. Va detto, per chiarezza, che ciò accade solo nei casi in cui l’azienda possiede un proprio server con nome ed IP ben identificati.

Non spaventare il Committente

Sebbene Google offra ancora moltissimi altri dati ed informazioni importanti, quanto riportato sopra può bastare per tenere aggiornato il Committente sull’andamento del proprio sito web. Pertanto, se non esplicitamente richiesto dal contesto o dal referente, evitate di fornire troppi numeri, grafici e tabelle al vostro interlocutore. Meglio avere solo un paio di fogli a colori con i nostri dati leggibili ed in chiaro – allegare una breve descrizione testuale per ogni report non fa male – che un blocco di informazioni confuse che potrebbero solo spaventare o confondere il Committente.